Rossella Miucci, del settore segreteria, è appena tornata dal viaggio in Uganda con il Bhalobasa (come coordinatrice, insieme a David Pistolesi) e ha scritto tutte le sue emozioni, le condividiamo con voi. Andiamo o torniamo in Africa, insieme a lei!
Sono stata in Uganda nel 2003, con la prima spedizione del Bhalobasa. Incontrammo una terra verde e rossa spettacolare, ricca di meravigliosi bimbi sorridenti e accoglienti. Non vedevano spesso i muzungu, come chiamano i bianchi, dalle loro parti. In quel meraviglioso viaggio fummo accolti da danze e canti e giocammo tantissimo con quei bambini. Ciò nonostante tutti noi avevamo la consapevolezza che dietro questa facciata di gioia c’era una realtà di grande povertà. Sapevamo che molti di loro non potevano permettersi di andare a scuola perchè non in grado di pagarsela, sapevamo che non avrebbero avuto alcuna possibilità di crearsi un futuro accettabile.
A distanza di dieci anni circa ci sono ritornata in quella terra splendida e mi si è riempito di nuovo il cuore nel vedere, ancora una volta, la gioia e tenerezza di quei bambini. Bene, ho constatato che quella piccola goccia nel mare che è il Bhalobasa ha prodotto frutti e sono speciali. Più strutture dove ospitare i bambini e parlo di aule e dormitori alcuni dei quali portano il nome di persone conosciute o direttamente o anche solo per aver partecipato alla raccolta fondi in loro onore o per essere stata la persona generosa che ne ha permesso la costruzione. Pozzi, cliniche, progetti e innumerevoli altre iniziative. Ho visto in concreto, realizzato, quello per cui le belle persone del Bhalo hanno lavorato. Che senso di soddisfazione ho provato per essere stata anch’io a volte tra quelli che hanno dato una piccolissima quasi insignificante mano, anch’io una goccia nel mare.
E poi i ragazzi che il Bhalo sostiene. In questo viaggio avevamo nomi e cognomi e quei ragazzi sostenuti li abbiamo visti di persona ci siamo presentati a loro siamo diventate e lo sono diventate anche loro delle facce, in carne ed ossa, e non semplici nomi strani riferiti dal preside o scritti nelle loro letterine. Che gioia poter consegnare loro di persona le lettere dei loro sponsor, parola fredda e brutta per indicare una persona generosa che si priva un po’ del suo per darlo agli altri (e si sa bene come in questo periodo la cosa pesi alle semplici famiglie che credono nel Bhalo).
E poi Gossace. Nel 2006 ho avuto la fortuna di essere tra i primi che l’hanno conosciuta. Ricordo benissimo i bimbi di allora, sorridenti sì, ma alcuni di loro stanchi e provati o dalla malattia o dalla povertà o da una vita così precocemente difficile in quanto orfani. Vincent, il fondatore, era riuscito a dare loro un posto dove stare e insieme una scuola, di giorno aula di notte dormitorio. A distanza di sei anni Gossace è tutt’altra realtà. Non parlo solo di strutture come aule, pozzo, latrine, campi coltivati per garantire un minimo di sostentamento agli orfani, ma anche speranze per i suoi ragazzi. Che soddisfazione vedere un ragazzo di Gossace indossare l’uniforme della Saint Catherine, una scuola secondaria di Kampala, e sapere che è grazie a noi che è là.
E la cosa decisamente nuova di quest’ultimo viaggio è che con i nostri amici (ora lo siamo per davvero, ormai ci conoscono anche per nome!!) si è cominciato a discutere del modo in cui possono rendersi autonomi dagli aiuti esterni. Ditemi voi se questo non è una grande conquista, un obiettivo raggiunto!
Tutto questo per dire che il Bhalo funziona, che il Bhalo e tutta la gente che ne fa parte e che lo sostiene hanno fatto e stanno facendo un lavoro splendido, tutto questo per dire che mi piacerebbe poter dare di più perchè ne vale veramente la pena.
Alla cara Ross, un abbraccio di amicizia: felice di riaverla con noi, emozionata con lei per le sensazioni che ha provato e che è riuscita a trasmetterci, in quanto volontaria, in quando donna, in quanto madre di due splendidi bambini.