Vi assicuro che incontrare e trascorrere un intero pomeriggio con Father Wilson, nostro referente dell’India, è veramente un privilegio. Ho avuto questa fortuna giovedì 25 ottobre 2012 e in poche righe vorrei raccontarvi il piacere, la serenità e la voglia di credere in un mondo migliore che mi ha trasmesso questo uomo. Wilson è energia pura, è una forza incredibile addensata in un uomo brizzolato, sempre sorridente, sempre pronto a raccontarti con semplici parole la sua India, la sua Calcutta, i suoi bambini dei villaggi.
Lo metto subito in guardia dicendogli che il mio inglese è un po’ arrugginito, dopodiché lo conduco a casa per un pranzo improvvisato. Provo un po’ di imbarazzo a portarlo in casa mia perché in confronto a quelle di Calcutta è immensa. Supero l’imbarazzo parlando e rimembrando con Wilson i posti di Calcutta in cui siamo stati nel viaggio fatto ad ottobre 2011, esattamente un anno fa. Dopo il pranzo facciamo una lunga passeggiata verso il Duomo e, povero Wilson, lo sommergo di domande: per sua disgrazia non può fuggire! Comincia a raccontarmi i progetti che ha in mente, in particolare il progetto Childline 1098 a cui tengo molto: bambini maltrattati, costretti a prostituirsi, orfani o che vivono in qualunque disagio psicofisico, telefonano al 10-9-8 e in breve tempo Wilson e i suoi collaboratori provvedono a portare al sicuro queste persone (sì, è proprio quello che in Italia si chiama telefono azzurro!). Sorge spontanea una domanda: dove porta questi bambini? Ecco qui che l’ingegno e l’intelligenza di quest’uomo elaborano qualcosa di meraviglioso: prendere un terreno grande all’incirca la metà di Piazza dei Miracoli (l’infinita pazienza di Wilson sopperisce alle mie difficoltà con l’inglese facendo sempre esempi a me vicini, come in questo caso) e costruirci cinque case in ognuna delle quali ospitare dieci/venti bambini. Tutto qui? No, ha in mente di costruire anche una piscina per far nuotare i bambini e una “sala giochi”. Ma non finisce qui, infatti vuole anche erigere un edificio dove poter far mangiare i bambini tutti insieme e, ovviamente, ci sarà una strada che collegherà tutte le varie strutture. Se state pensando ad un villaggio avete capito esattamente il progetto di Wilson!
Facile a dirsi, un po’ meno facile a farsi, soprattutto in una cultura e in un paese che vuole i bambini di strada stipati in ostelli di quattro o cinque piani dai quali, racconta Wilson, scappano dopo pochi giorni. La convinzione di quest’uomo è che i giovani devono sentirsi a casa propria, devono poter accogliere con orgoglio altre persone dicendo “venite, questa è la MIA casa”: se i bambini non si affezionano al posto dove vivono, tenderanno sempre a scappare. Nasce con questo intento l’idea del villaggio in cui ci sono cinque case con meno persone e, di conseguenza, meno caos.
Il fiore all’occhiello di questo progetto è il futuro che viene offerto alle persone: a ogni bambino, giunto all’età adeguata, verranno proposti più corsi professionalizzanti e, ovviamente, il ragazzo potrà scegliere cosa fare (ecco che torna ad esserci anche per questi ragazzi la tanto citata e per noi scontata “libertà di scegliere”).
Maggiori informazioni e curiosità verranno comunicate nel magazine di fine anno, questo voleva essere soltanto l’assaggio di un cocktail di emozioni vissute intensamente in un giovedì apparentemente come tanti altri.
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