Terzo capitolo dei report dall’India che riceviamo dai nostri volontari Irene Giorgi e Massimo Bettini, partiti il 26 dicembre scorso per verificare progetti e sostegni a distanza, incontrare i nostri referenti e i bambini sostenuti. Resteranno fino a marzo, stanno facendo un lavoro importante e intenso. VI racconteremo, vi racconteranno al loro ritorno. Li seguiamo anche sulla nostra pagina Facebook Bhalobasa Onlus con l’hashtag #conmassimoeirene.
Finalmente trovo il tempo di scrivere. Fino ieri siamo stati a visitare scuole e collegi lontani da Kolkata e abbiamo lunghi viaggi in macchina e anche in treno. Il treno che abbiamo preso era un espresso, secondo gli indiani un buon treno, ma il viaggio è stato lunghissimo, per fare 350 chilometri ci sono volute quasi 8 ore con appena 5 o 6 fermate intermedie, la velocità è veramente bassa. Poi, nonostante fossimo negli scompartimenti con aria condizionata, c’era poco spazio, molto sporco, venditori su e giù continuamente, insomma una bella faticata. Per fortuna non abbiamo avuto grossi ritardi, che qui sono quasi normali.
Abbiamo visitato ancora conventi con collegi di bambine, parlato con quelle sostenute (qualche centinaio), dormito negli stessi loro conventi, a volte senza acqua e luce, e abbiamo visto coi nostri occhi la vita difficile di queste bimbe che vivono in queste zone di campagna. Tra l’altro al nord in questo periodo (da dicembre fino a marzo) la sera e la mattina fa parecchi freddo e naturalmente, a parte gli scialli e alcune il cappellino di lana, non hanno quasi nient’altro per ripararsi: pochissime hanno un paio di scarpe (quasi tutte stanno con le ciabatte di plastica), fanno la doccia tutti i giorni con l’acqua fredda, dormono in camerate fredde e senza i vetri alle finestre. E mangiano poco, a parte il riso bollito, che è l’unico alimento che mangiano in abbondanza. Abbiamo giocato tanto con loro, che si divertono con nulla. Massimo è bravissimo a farli ridere, scherza con loro e basta fare finta di acchiapparli che fanno delle grandissime risate. Non sono abituati ad avere degli adulti che giocano con loro, che fanno loro delle carezze e per questo ci apprezzano molto. Ovviamente anche per noi è bello avere decine e decine di bimbi addosso, che reclamano la nostra attenzione. Nonostante la mancanza di comunicazione verbale (qui i bimbi, ma nemmeno la maggior parte delle suore, non sanno neanche una parola di inglese) si riesce a capirsi a meraviglia!
Ora siamo al CCC, l’ostello per i bimbi con HIV. Qui è tutta un’altra cosa. I bimbi sono pochi, una ventina, in uno spazio ampio e luminoso e pulito. Mangiano molto e bene, vanno a scuola la mattina, il pomeriggio giocano, guardano la televisione, hanno a disposizione dei computer, la macchina da cucire, il parco giochi. Qui noi ormai ci sentiamo a casa. Molti dei bimbi li conosciamo bene e li vediamo crescere anno per anno. Le suore sono bravissime, gentili ma senza esagerare, ci fanno sentire a nostro agio. Abbiamo una stanza abbastanza confortevole, con un bagno simile ai nostri. Come usciamo dalla stanza abbiamo sempre i bimbi intorno a noi che ci chiedono attenzione. E’ una gioia dispensare carezze a questi piccoli, che pur stando in un ambiente gradevole, sono comunque orfani e alcuni proprio senza nessun familiare. Stamani siamo andati in città (Burdwan) a comprare sandali per tutti, la suora ci ha detto che ne avevano bisogno.
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