Storie, sostegni a distanza e un nuovo progetto a Kampala
Shakur avanza, 3 passi avanti a noi, procede sicuro, ma ben presto diventa sempre più evidente che zoppica. Non si ferma, continua a camminare a passo lesto per guidarci fino a “casa sua”. Guardo questo ragazzino (avrà 9 anni ma, fisico a parte, ne ricorda uno di 15) di spalle che non si volta, non dice niente, solo ogni tanto ci guarda di soppiatto, avanzare sempre più claudicante e non resisto; interpello Michael il referente del centro, nostra guida. Mi sembra che il bimbo non cammini bene, ha detto che è “tutto ok” ma non sono convinta. Michael lo osserva e subito lo ferma e si rivolge a lui avvicinandosi al suo viso, stavolta Shakur solleva il piede e ammette che gli fa male (evidentemente molto male!). Michael è dispiaciuto se lo avesse saputo avrebbe chiesto ad un altro di accompagnarci, ma Shakur è sicuro “no, va bene, non è un problema”. L’orgoglio di poter guidare i nuovi amici nel suo quartiere a conoscere la donna con cui vive adesso, gli dà tutta la forza necessaria a sopportare. Ma il dolore c’è e alla fine cede all’insistenza di Giacomo che lo prende a cavalluccio. Ma solo per poco… è in imbarazzo (anche se contento) a farsi portare da un Mzungu (uomo bianco nel dialetto locale, ndr)! La sua casa è una piccolissima stanza in uno degli slum (baraccopoli) ufficiali di Kampala, ad un passo da una zona ricca. Ci vive con una giovane donna, la sua ex vicina, che lo ha ospitato dopo l’ultima bufera che ha fatto crollare la baracca di fango in cui dormiva con lo zio. Insieme alla baracca anche lo zio è sparito, e lei lo ha accolto. Anche la sua storia è straziante, sola, non ha niente, alcuni anni fa ha rinunciato ad una figlia che non poteva mantenere, perché avesse una vita migliore. Oggi offre il suo affetto a questo orfano. Nello slum tutte le storie sono così, nessuna è banale, nessuna è semplice. Sono storie di grandi dolori, di scelte molto difficili e anche di umanità e carità uniche.
Ci si trova il peggio e il meglio degli esseri umani.
Sorridiamo, ci sediamo nelle loro case, chiacchieriamo (poco, visto che spesso parlano solo luganda) ci abbracciamo, e sorridiamo ancora. La jaja (un’anziana signora malata di Aids che fa da tramite per il centro) ci racconta qualche storia dei bimbi che presso In Need Home stanno aiutando, compresi i due gemelli di 12 anni abbandonati che ha preso con sé da tempo, poi si ferma e mi abbraccia “grazie perché mi sorridi!”. Niente è scontato.
In Need Home sorge due strade più su dello slum, è un oasi in questo quartiere. E non solo in senso figurato… l’acqua c’è, da bere, si, ma anche nel bagno e scende persino giù da una doccia, gratuitamente! I bambini possono usarla liberamente e proprio quando ne hanno bisogno. A casa invece c’è solo una latrina ogni 2/3 chilometri di baracche, ed è a pagamento. A volte è meglio non mangiare molto se non si hanno i 200 scellini per poter usare il bagno. Niente è scontato.
Anny, la direttrice, e tutto lo staff sono un miraggio o meglio un miracolo. Aiutano i bambini (e con diverse attività anche le madri/tutori) a tutto tondo, non solo permettendo loro di frequentare la scuola (prima presso il centro perché si abituino a “stare in gruppo” in modo più regolato, rispetto alla sopravvivenza senza regole vissuta, per necessità, nello slum), poi inserendoli nelle scuole pubbliche (ora anche grazie ai sostegni a distanza di Bhalobasa!). Fornendo nel contempo tre pasti al giorno completi e variegati, offrendo toilette e doccia gratuiti, un supporto psicologico, l’interesse e l’affetto di chi si cura di loro, organizzando il tempo in modo che possano giocare, recitare, ballare e perché no, imparare delle piccole attività artigianali! Restando, nonostante tutto, nel loro ruolo di centro diurno perché poi è importante che i bambini tornino a casa, benché sia nello slum, a vivere con i propri familiari naturali o acquisiti che siano. Grazie cara Anny per aver realizzato quel sogno che ti anima da tanti anni.
Elisabetta Macumelli
Elisabetta ha la rara capacità di unire l’emozione per gli incontri che la vita le offre alla progettazione di interventi efficaci. Altre aule per la scuola di “In need home”, altri Sostegni a Distanza: contribuiamo alla realizzazione di progetti che diano forza all’impegno di Anny nello slum di Kampala.