Sette parole per descrivere il Bhalo

13 maggio 2014

Filo diretto
(tratto dal Bhalo Magazine 1/2014)
Ci troviamo a scrivere questo editoriale mentre il nostro territorio piange la morte di Zakir Hoassin, il ragazzo del Bangladesh che era venuto a lavorare a Pisa. Una morte assurda, come lo sono tutte le morti, ma che si carica anche della fatica di chi ha finito i suoi giorni solo, lontano migliaia di chilometri dagli affetti, quegli affetti per cui era qui, a Pisa.
Nel 2011 abbiamo visto il Bangladesh, ne abbiamo assaporato la dura povertà, la pesante ingiustizia, ma anche la grande grinta della gente di quei luoghi che non si arrende mai.
Questa storia ci ha fatto ricordare ancora una volta che in questo mondo storto e ingiusto le distanze ormai non sono più tali e le differenze sono impossibili da nascondere. E allora se questo editoriale doveva essere un bilancio sul passato e una programmazione sul futuro della nostra associazione vogliamo partire proprio da qui: la nostra forza è quella di aver visto gli occhi e il cuore di chi vive lontano da noi e di provare a fare la nostra parte qui, nel nostro mondo.

Tre anni fa ci siamo trovati a gestire questa grande associazione con tanta paura di sbagliare e di tradire la grande eredità di don Armando Zappolini. A distanza di tre anni l’assemblea ha confermato all’unanimità il Consiglio Direttivo uscente e ci ha chiesto di continuare su questa strada. Vogliamo provare a descrivere l’idea di Bhalobasa che desideriamo realizzare con alcune parole chiave.

Volontariato: la prima parola non per caso, il motore unico di questa avventura. Ancora oggi ci stupiamo nell’osservare la passione, la grinta, l’abnegazione di tutti coloro che donano il loro tempo al Bhalobasa. E’ senza dubbio la cosa che ancora oggi ci sorprende, tante persone di ogni età, con storie e provenienze diverse continuano a metterci la faccia, a pagare di persona la sana follia di provare a fare la nostra parte in questa associazione. Senza i volontari, soprattutto quelli lontani dalle luci della ribalta, coloro che lavorano dietro le quinte, questo Bhalobasa non sarebbe così. Molte volte anche noi facciamo fatica, ma vedere questa piccola e bella comunità di volontari che cresce è la benzina più potente per non mollare. Grazie.

Cuore: durante il convegno del dicembre 2011 ci siamo impegnati a non perdere mai di vista chi siamo. Ci siamo impegnati a ricordare ogni giorno che la nostra storia nasce dall’incontro con le Storie delle persone. Persone, non più solo numeri, ma nomi, gioie e sofferenze che non riusciamo più a toglierci di dosso. Questa è la nostra forza e sebbene la crescita dei progetti e dei sostegni sia un obiettivo, non dobbiamo mai perdere il cuore di quello che siamo. Questo significherebbe tradire loro, tradire Bhalobasa.

Qualità: in occasione dello stesso convegno ci impegnammo a tenere una mano stretta sul nostro cuore e sui nostri ideali e l’altra, però, ben salda sulla qualità. Siamo convinti che il miglior modo per aiutare coloro che abbiamo incontrato è quello di farlo bene. Farlo bene significa essere efficienti, efficaci, trasparenti, puliti, preparati. Su questo non possiamo transigere. Ce lo chiedono i nostri amici del Sud del mondo, ma lo esigono (giustamente) e lo meritano i nostri sostenitori. In questi anni abbiamo lavorato tanto, rafforzando i settori, puntando sulla ottimizzazione della comunicazione e dei rapporti con i sostenitori e con i partner, rafforzando i processi di controllo, arrivando quest’anno ad un primo tentativo di bilancio sociale. Tutto questo perché pensiamo di non avere nulla da nascondere e tanto da dire e chi vuole può e deve sapere con chiarezza chi siamo, come lavoriamo, cosa facciamo. Qualità è anche controllo e verifica. In questi anni abbiamo investito tante energie nel cercare di inviare volontari nei Paesi in cui operiamo, persone che decidono di dedicare parte delle loro vite ai progetti. Questa scelta, spesso onerosa, ha portato frutti importanti proprio per la qualità. Vogliamo puntare su questo stile ancora di più, con ancora più energia. Senza la qualità non c’è cooperazione utile e capace di cambiare il contesto in cui opera.

Giustizia: ancora oggi è forte il rischio di dare per carità quello che è dovuto per giustizia. Seguendo i passi del nostro fondatore non possiamo dimenticare mai di cercare le cause di questo squilibrio e di provare a cambiarle. Incidere sulle cause, andare alla radice dei problemi è la soluzione finale, non il mero aiuto che inevitabilmente si esaurisce. Il sostegno a distanza, però, ci hanno insegnato i nostri amici indiani, africani e sudamericani, è un potente elemento di riscatto sociale. Chi riesce a completare il suo percorso di studi è libero di scegliersi la vita che vuole e non dipenderà più da noi. E questo beneficio si allarga a macchia d’olio alla sua famiglia e al suo contesto sociale. Fare progetti che conducono all’indipendenza è il nostro obiettivo, è il nostro dovere. Creare assistenzialismo e dipendenza sarebbe la fine di Bhalobasa. Facendo questo percorso ci siamo impegnati nel contesto di tante reti nell’ambito della quali la lotta contro le le cause dell’ingiustizia è l’obiettivo primario. Pensiamo al Forum Nazionale del Sostegno a Distanza e all’Istituzione Centro Nord-Sud della nostra Provincia, al CNCA, alla Tavola della Pace e tante altre.

Impegno: il Bhalobasa non è mai stata una cosa piccola e semplice e lo è sempre meno. Adesso conta circa 70 volontari attivi, quasi 3000 sostegni a distanza, centinaia di progetti realizzati e una cinquantina in corso, progetti in sette paesi del sud del mondo e molte decine di persone che ogni anno portiamo sui nostri progetti, tutto questo con un flusso di donazioni che si aggira intorno a 450.000 euro annui. Questo piccolo gigante della cooperazione non può non esigere impegno. Essere parte del Bhalobasa esige impegno. Un impegno che non si misura sulla quantità, ma sulla qualità. A tutti coloro che vogliono fare la propria parte chiediamo questo: non importa se darai un minuto all’anno per la causa del Bhalo ma fallo con passione, con forza, seriamente, sapendo che da quel minuto dipendono le storie di tante persone. I nostri volontari sono così, attraverso questo stile vogliamo metterci la faccia tutti!

Speranza: ogni giorno, scrivendo ai bambini che aiutiamo, verificando i risultati dei progetti che sosteniamo, telefonando ai nostri partner, abbiamo capito che lentamente stiamo cambiando qualcosa. Ormai non abbiamo più dubbi, ogni volta che andiamo a vedere capiamo che la forza di piccoli gesti come un sostegno a distanza è dirompente nel Sud del mondo. Toccare con mano e vivere le storie riuscite, le famiglie tolte dalla povertà, la dignità riconsegnata è davvero il motore del nostro operare e il senso di tanta fatica dei molti volontari. Siamo convinti che stiamo facendo bene. Sicuramente non è alla nostra portata il cambiamento delle sorti del mondo, ma lo è il dare speranza a tanta gente, a tanti amici, a tanti bambini. Lo sappiamo con certezza e abbiamo i nomi di questa certezza che sono i nomi degli amici che ora non hanno più bisogno di noi. Tutto questo grazie a coloro che ogni giorno ci sostengono. Tutto questo ha il sapore del sogno e un po’ anche della follia, ma è attraverso questa follia buona che noi crediamo di fare la nostra piccola parte per un mondo più giusto!

Presenza: oltre all’impegno, ai progetti e alle sfide che portiamo avanti nel Sud del mondo avvertiamo sempre più forte l’esigenza di favorire comportamenti più fraterni nel nostro contesto, di mettere a servizio delle nostre comunità l’esperienza e la conoscenza che il Bhalobasa ci permette di acquisire, di promuovere concretamente la giustizia sociale anche collaborando con le numerose associazioni di volontariato che operano sul nostro territorio. Continueremo a farlo, sempre di più, rafforzando la nostra presenza nelle scuole e ponendo maggiore attenzione nella relazione tra i volontari e tra questi e le comunità locali. Non vogliamo commettere l’errore di promuovere amicizia e cooperazione tra Paesi diversi e di non farlo qui, dove viviamo, nelle nostre case e nella nostra società. L’amore che proviamo per i nostri amici del Sud del mondo trova, ogni giorno, linfa vitale nelle nostre famiglie e nel nostro territorio ed è al nostro territorio che vogliamo restituire, con spirito di servizio, questo amore e i frutti della nostra esperienza sui sentieri del mondo che soffre e lotta con coraggio.

Ci aspettano tre anni intensi.
Noi ce la metteremo tutta, ma abbiamo bisogno di ciascuno di voi.
Alessandro Cipriano e Matteo Ferrucci

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